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Nel caos calmo della prova scritta dell’Esame di Stato per Architetti, ci si gioca tutto in poche ore: chiarezza, coerenza progettuale, visione architettonica e, soprattutto, capacità di comunicare. Ed è qui che molti candidati si perdono. Un progetto può essere anche ben pensato, ma se non è raccontato nel modo giusto — con le parole giuste — rischia di non essere capito. Questo blog è una guida pratica all’uso del linguaggio tecnico: perché è importante, quali errori evitare, e come allenarsi per scrivere come un vero professionista.

Capitolo 1 – Perché il linguaggio tecnico conta davvero

Scrivere in modo tecnico non significa usare paroloni complicati, ma scegliere termini precisi che definiscono con chiarezza lo spazio, la funzione, la norma. I commissari non cercano creatività letteraria, ma chiarezza e consapevolezza. Ogni parola è una prova di maturità professionale.

"Volume edilizio", "indice di utilizzazione fondiaria", "permeabilità del suolo": sono parole che devono far parte del vocabolario naturale di chi progetta.

Perché è importante:

  • Dimostra padronanza degli strumenti progettuali e normativi

  • Riduce ambiguità e fraintendimenti

  • Mostra capacità di lavorare in un contesto professionale reale


Capitolo 2 – Errori comuni da evitare

Ci sono frasi che fanno storcere il naso ai commissari. Alcuni esempi:

  • “Ho pensato a un giardino per i bambini” → meglio: “È prevista un’area verde attrezzata, conforme agli standard del D.M. 1444/1968.”

  • “Ho messo una pensilina per bellezza” → meglio: “È stata prevista una pensilina a protezione degli ingressi, funzionale alla fruizione pedonale in condizioni climatiche avverse.”

Altri errori diffusi:

  • Uso eccessivo della prima persona (“ho pensato”, “mi piaceva l’idea”)

  • Mancanza di riferimenti normativi (soprattutto per distanze, altezze, dotazioni minime)

  • Descrizioni troppo generiche (“zona verde”, “area pubblica”, “spazio flessibile”)

  • Modalità di scrittura a mano non curata:Ricorda che il tuo elaborato deve essere leggibile e ordinato. Gli errori più frequenti sono:

    • Scrittura in corsivo disordinato o troppo veloce che rende il testo illeggibile.

    • Utilizzo della matita invece della penna: la prova scritta richiede scrittura permanente, per cui è obbligatorio scrivere con la penna.

    • Scrivere in corsivo invece che in stampatello. Consiglio: usa uno stampatello ordinato, chiaro e omogeneo. Aiuta il commissario nella lettura e trasmette serietà e attenzione.

Altri consigli utili:

  • Evita abbreviazioni non standard o gergali (“q.ta” invece di “quantità” senza legenda).

  • Se devi correggere, fallo in modo pulito: una semplice linea sulla parola errata e scrivi sopra o accanto in modo chiaro.


Capitolo 3 – Allenarsi al linguaggio professionale

Il linguaggio tecnico si può allenare, esattamente come un muscolo. Alcuni consigli pratici:

  • Leggi relazioni tecniche di progetti veri, disponibili nei concorsi, bandi o documentazione urbanistica

  • Usa glossari e vocabolari tecnici: ad esempio, il glossario edilizio della Regione Lombardia o le definizioni del Testo Unico dell’Edilizia

  • Scrivi relazioni simulate e chiedi a un collega o a un tutor di revisionarle

  • Rileggi i testi pensando a un commissario: è tutto chiaro per chi legge? Ogni scelta è motivata?

Saper scrivere è saper costruire

All’Esame di Stato non basta saper progettare: bisogna saperlo spiegare, giustificare, difendere. Il linguaggio tecnico non è un ostacolo, ma uno strumento: ti permette di costruire un ponte tra il tuo progetto e chi lo deve valutare. Scrivere (bene) è già progettare.

La cura formale fa parte della valutazione

Non dimenticare: nel giudizio finale conta anche la forma. Un elaborato scritto male, poco leggibile o trascurato può penalizzare anche un buon progetto. Allenarsi a scrivere con ordine, chiarezza e cura visiva ti dà un enorme vantaggio competitivo.


Quando un architetto si siede davanti alla commissione dell’Esame di Stato, uno degli aspetti che più lo distingue non è la qualità del disegno, ma la capacità di dimostrare consapevolezza del contesto urbanistico in cui l’architettura prende forma. L’urbanistica non è solo uno sfondo teorico: è una disciplina concreta, fatta di strumenti, norme, e soprattutto di responsabilità verso il territorio.


Schema disegnato a mano rappresenta un PGT con zone omogenee e viabilità.
Schema disegnato a mano rappresenta un PGT con zone omogenee e viabilità.

Capitolo 1 – Il PGT: la base della pianificazione urbanistica

Ogni intervento edilizio, dalla villa unifamiliare al quartiere ex-novo, si inserisce in un disegno più ampio. Questo disegno è il Piano di Governo del Territorio (PGT), lo strumento urbanistico comunale che ha sostituito il vecchio PRG nelle Regioni che ne hanno adottato il modello (come la Lombardia).

Il PGT è composto da tre documenti fondamentali:

  • Documento di Piano (DdP): definisce gli obiettivi strategici del territorio comunale e la visione politica della trasformazione.

  • Piano dei Servizi (PdS): individua le aree destinate a servizi pubblici o di interesse collettivo (scuole, parchi, sanità).

  • Piano delle Regole (PdR): disciplina gli interventi nelle aree già edificate e definisce la destinazione urbanistica delle diverse zone.

Come si approva un PGT?

  • Redazione da parte dell’Ufficio Tecnico comunale o consulenti esterni.

  • Adozione da parte del Consiglio Comunale.

  • Pubblicazione e fase di osservazioni (da parte dei cittadini, enti, proprietari).

  • Controdeduzioni e approvazione definitiva.


disegno della Superficie Territoriale
disegno della Superficie Territoriale

Capitolo 2 – Piani attuativi e programmi complessi: due strumenti operativi

Spesso il PGT non basta per costruire: in molte zone (soprattutto quelle da trasformare) è richiesta la redazione di un piano attuativo, che dettaglia le modalità di realizzazione degli interventi.

I principali tipi di piani attuativi sono:

  • Piano di Lottizzazione (PdL)

  • Piano Particolareggiato (PP)

  • Piano di Recupero

Ogni piano attuativo è uno strumento tecnico con base normativa, volto a rendere edificabili certe aree secondo una pianificazione dettagliata. Include relazioni urbanistiche, NTA, elaborati grafici e computi estimativi. La sua approvazione avviene secondo procedure precise e regolamentate, con obbligo di coerenza rispetto al PGT.

Diversi invece sono i programmi complessi, nati negli anni '90 per affrontare le difficoltà della pianificazione classica. La spinta alla nascita di questi strumenti è stata l’esigenza di rigenerare tessuti urbani in crisi, recuperare aree dismesse o degradate, e integrare risorse pubbliche e private. L’approccio è concertativo, flessibile, spesso orientato alla qualità urbana e alla partecipazione.

Differenze principali tra piani attuativi e programmi complessi:

  • Nei piani attuativi, il capitale è prevalentemente privato, l’iniziativa è tecnica e l’approvazione è comunale.

  • Nei programmi complessi, spesso il capitale è misto pubblico-privato, con attori istituzionali, enti regionali e processi di progettazione partecipata.

  • I programmi complessi possono includere obiettivi sociali, ambientali e culturali.

Esempi di programmi complessi:

  • PII (Programma Integrato di Intervento): in Lombardia è spesso alternativo ai piani attuativi, consentendo accordi con il Comune per funzioni miste e maggior flessibilità.

  • PRU, PRiU, Contratti di Quartiere, Accordi di Programma: ciascuno con caratteristiche specifiche, ma tutti accomunati da un metodo integrato e multidisciplinare.


Capitolo 3 – ZTO: Zone Territoriali Omogenee

Introdotte dal D.M. 1444/1968, le ZTO sono uno degli strumenti base della pianificazione urbanistica e del calcolo degli standard.

Il territorio comunale viene suddiviso in sei zone:

  • A: centri storici

  • B: completamento edilizio

  • C: espansione residenziale

  • D: industriale-produttiva

  • E: agricola

  • F: servizi e attrezzature

Ogni zona ha parametri urbanistici precisi: indice di edificabilità, distacchi, altezze massime, dotazioni minime di verde, parcheggi e standard scolastici. Questi vincoli sono fondamentali per chi affronta la prova scritta dell’Esame di Stato: ignorarli può compromettere l’intero impianto progettuale.



Ogni progetto edilizio, per diventare davvero parte di un contesto urbano, ha bisogno di una base solida che va oltre la struttura dell'edificio. Parliamo delle opere di urbanizzazione, quell'insieme di infrastrutture che permettono alla città di funzionare, ai cittadini di vivere in sicurezza e ai servizi di integrarsi armoniosamente nello spazio costruito. Sono queste opere che trasformano un lotto vuoto in un luogo abitabile. Eppure, nella loro apparente invisibilità, sono spesso trascurate anche da chi si appresta a sostenere l'Esame di Stato.

Nel corso degli anni, la normativa urbanistica ha dato sempre più peso a queste infrastrutture, definendole, regolamentandole e chiarendo chi è tenuto a realizzarle, a gestirle, e a pagarle. È un percorso complesso che coinvolge Comuni, privati, progettisti, e strumenti di pianificazione urbanistica.

Il cuore invisibile della città

Immaginiamo una nuova area residenziale. Il progetto architettonico è approvato, gli edifici disegnati con cura, ma... manca tutto ciò che collega questi volumi alla città. Dove passano le auto? Come arrivano l'acqua potabile, l'elettricità, la rete fognaria? Dove giocano i bambini? Dove parcheggiano i residenti? Le risposte a queste domande si trovano nelle opere di urbanizzazione, che si dividono in primarie e secondarie. Le prime includono strade, reti tecnologiche, parcheggi, tutto ciò che è funzionale all'accessibilità e all'uso dell'abitato. Le seconde aggiungono valore alla qualità della vita: scuole, parchi, centri sociali, spazi per lo sport.

Un sistema regolato dalla legge

La base normativa è solida e articolata. Il D.P.R. 380/2001, conosciuto come Testo Unico dell'Edilizia, all'articolo 16 definisce gli oneri di urbanizzazione, ovvero quei contributi economici che i soggetti attuatori devono versare ai Comuni. Ma il percorso normativo ha radici più antiche: dalla Legge Urbanistica del 1942 alla Legge Ponte del 1967, fino al D.M. 1444 del 1968 che stabilisce standard e distanze minime per le urbanizzazioni.

Ogni Comune, poi, declina queste norme nei propri strumenti urbanistici: PGT, PRG, Regolamenti edilizi. È qui che si stabiliscono le modalità con cui le opere vanno realizzate, chi se ne fa carico e in che tempi devono essere consegnate. Le convenzioni urbanistiche, per esempio, sono accordi tra il Comune e il privato in cui quest'ultimo si impegna a realizzare direttamente le opere, spesso come condizione per ottenere l'autorizzazione a costruire.


Il ruolo del progettista

Per chi affronta l'Esame di Stato, è fondamentale comprendere che il progetto architettonico non si chiude nel perimetro dell'edificio. Un buon progetto tiene conto dei flussi, degli accessi, dell'inserimento nei tessuti urbani esistenti. Integra le urbanizzazioni nella logica dell'intervento, verificando la compatibilità con le reti esistenti, proponendo soluzioni sostenibili, studiando il dimensionamento degli spazi pubblici. È qui che si vede la visione dell'architetto urbanista, capace di guardare oltre la scala dell'edificio.

Una visione integrata

Le opere di urbanizzazione sono quindi molto più che semplici infrastrutture. Sono lo scheletro della città, ciò che ne permette il funzionamento quotidiano. Comprendere come funzionano, saperle progettare e normare è una competenza indispensabile. Non solo per superare l'Esame di Stato, ma per diventare professionisti consapevoli, capaci di operare in un contesto reale e complesso.


Sezione stradale
Sezione stradale

Norme di riferimento essenziali

1. Legge fondamentale

  • D.P.R. 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia)

    • Art. 16: Oneri di urbanizzazione primaria e secondaria.

    • Art. 28: Obblighi per i costruttori nelle lottizzazioni.

2. Standard urbanistici

  • D.M. 1444/1968

    • Definisce gli spazi minimi per servizi (verde pubblico, scuole, parcheggi).

3. Pianificazione comunale

  • Legge 1150/1942 (Legge Urbanistica)

    • Base per PRG/PGT, inclusa la destinazione di aree a urbanizzazioni.

  • Legge 765/1967 (Legge Ponte)

    • Introduce gli oneri di urbanizzazione come strumento di finanziamento.

4. Gestione delle reti

  • D.Lgs. 152/2006 (Codice Ambientale)

    • Regola fogne, acque reflue e impatto ambientale delle urbanizzazioni.

5. Convenzioni pubblico-privato

  • Art. 11 Legge 241/1990

    • Disciplina gli accordi tra Comuni e privati per la realizzazione di opere.



Domande frequenti sull’Esame di Stato

1. Cosa si intende per "opere di urbanizzazione primarie e secondarie"?

Le primarie sono infrastrutture essenziali per la fruibilità dell’area (strade, fognature, reti idriche, elettriche, illuminazione). Le secondarie riguardano servizi collettivi (scuole, parchi, aree verdi). Spesso all’Esame chiedono di distinguerle o di indicarle in un progetto.

2. Chi è responsabile della realizzazione delle opere di urbanizzazione?

Dipende:

  • Le primarie sono a carico del Comune, ma spesso i privati le realizzano tramite convenzioni (es. lottizzazioni).

  • Le secondarie possono essere finanziate con oneri di urbanizzazione versati dai costruttori.

3. Come si calcolano gli oneri di urbanizzazione?

Si basano sul costo di costruzione (D.P.R. 380/2001, art. 16) e sono definiti dai regolamenti comunali. All’Esame potrebbero chiederti di stimarli per un caso ipotetico.

4. Cosa succede se un’area non è ancora urbanizzata?

Il progetto deve prevedere le opere necessarie o dimostrare la compatibilità con le reti esistenti. Se l’area è isolata, potrebbero servire accordi con il Comune (es. variante al PGT).

5. Perché le urbanizzazioni sono importanti nella progettazione?

Senza di esse, un edificio è inutilizzabile (es. senza fogne o accessi stradali). All’Esame, trascurarle è un errore grave!


Contatti:

Email:           esamearchitetto.milano@gmail.com

                     

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